Lombardo sa che deve esserci. E sa anche come dovrà esserci: in modo affatto diverso da come c’è ora, e da come ci sono gli altri. L’esempio di Berlusconi e di Fini è fin troppo chiaro. A che serve entrare nelle polemiche e contendersi palmo a palmo uno studio televisivo? Si perde in prestigio. Si perde in consenso. Si perde in comunicazione. E si perde in azione politica, quando si devono accontentare i tanti galli del pollaio. Pensare al partito e pensare al governo, dovendo mescere poltrone a destra per non far fibrillare quelle a manca.
Invece, uno che si sporchi le mani col partito (e con le sue polemiche interne). Magari – scrive sempre il presidente nel suo blog – un intellettuale. Cioè una mente pensante, che capisca i profondi cambiamenti della società. E fa l’esempio di quel che sta accadendo in Egitto, Tunisia, Libia.
Che Lombardo sia un fine politico è fuor di dubbio. Proprio per questo è difficile credere che si sia messo a fare il “figlio dei fiori” nel giardino del Maghreb. È che ha intuito: ritornano gli snobisti. Ritornano quelli con la ‘r’ moscia che vogliono pudicizia, stile, classe, buongusto, idee, e tante altre cosa da palati raffinati di bottega non più oscura, ma d’alta classe. E ha espresso in un linguaggio più vicino alla sua formazione democristiana (Sturzo fu un fine sociologo), quello che il povero Nichi Vendola dice col linguaggio vetusto dell’ideologismo comunista d’annata. C’è bisogno di un’idea, di una ‘narrazione’. C’è bisogno, in soldoni, di far quello che Machiavelli diceva della politica: far credere. Magari senza costruire cattedrali e vitelli d’oro. Una cosuccia semplice, ma che giustifichi il potere e il suo tifo da stadio.
Scosse telluriche in vista. Dalle quali la sempreverde volpe di Grammichele non si farà seppellire.
Pubblicato il 3 marzo 2011 su www.cataniapolitica.it
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