È stata presentata a Motta Sant’Anastasia l’ultima fatica del sacerdote catanese don Piero Sapienza, La politica che non c’è. Da cittadini attivi nella polis (LEV, 2009), che è per un verso una profonda analisi di filosofia politica dell’attuale panorama socio-culturale, e per un altro una precisa e organica introduzione alla dottrina sociale della Chiesa. Oltre all’autore, sono intervenuti il vicesindaco di Motta, Vito Caruso, il presidente delle Acli siciliane, Santino Scirè, e Antonio Giovanni Pesce, studioso di filosofia e storia delle idee nell’ateneo catanese.
Caruso, aprendo i lavori, ha messo in evidenza il favore col quale è stato accolto il libro di don Piero, e ha parlato di una ‹‹sveglia›› che viene ad essere suonata non solo nella coscienza, e in casa, dei cattolici, ma pure in quella di ogni uomo di ‹‹buona volontà››, che ha a cuore le sorti della nostra società e lo sviluppo solidale ed equo del nostro futuro.
Società, la nostra, che pare tendere sempre più alla disgregazione: problema fondamentale questo, che Antonio G. Pesce, analizzando il libro – coadiuvato dalla sapiente scelta di brani letti da Francesca Caruso – ha indicato come il problema a cui vuole rispondere tutta l’opera. Infatti, la ‹‹fuga dall’impegno socio-politico da parte di tanta gente›› e ‹‹le moltiplici forme di chiusure individualistiche›› sono tipiche di quella sindrome che don Piero definisce ‹‹dello spettatore››. E prova ne sarebbe – ha notato Pesce – il linguaggio usato negli ultimi dibattiti sul fine vita e sulla natura della famiglia, tutto teso a rivendicare istituzionalizzazione alle pur tollerabili istanze affettive e personali: ‹‹Lo Stato così – ha notato lo studioso – finisce per essere notaio di patti soggettivi, nei quali la libertà non è intesa come possibilità di relazione tra persone, ma come commercio fra parti. Questo è il vero dramma dell’epoca postmoderna: il venir meno dello spazio pubblico, attorno al quale per millenni si è organizzata la società occidentale. La Chiesa Romana, che si fa custode anche di un deposito laico – il diritto romano – oltre al sacro deposito della fede, appare oggi l’unica istituzione pronta a combattere contro la nullificazione delle relazioni. Il libro di don Piero, dunque, si inserisce non solo nel grande dibattito cattolico sulla dottrina sociale, ma pure in quello, ben più radicale, sul ruolo della ragione nel definire l’essenza dell’uomo››.
Ha preso poi la parola Sciré, che ha parlato dell’impegno profuso dalle Acli nel rispondere alle istanze che vengono dalla società in modo cristianamente corretto e incisivo. ‹‹Anche l’associazionismo e il volontariato – ha detto il presidente aclista – sono un modo di rendere più partecipativa la società civile. Il rischio, però, di smarrire la stella polare è anche qui sempre incombente, ed ecco perché un libro come quello di don Piero può essere utile, con le riflessioni che propone, per mantenere sempre vigile la tensione morale››. Scirè ha poi consegnato al vicesindaco Caruso e al presidente del consiglio comunale di Motta Anastasio Carrà, presente all’evento insieme al consigliere Luca Cantone, una copia per ogni membro del consiglio e della giunta, sperando di avviare un dibattito all’interno della politica mottese.
Ma l’intervento più atteso, e che non ha deluso le aspettative, è stato proprio quello di don Piero, che ha cominciato ricordando come in Luigi Sturzo, per esempio, sia maturata la scelta politica: una scelta di profonda carità, che mira a liberare l’uomo dalle ‹‹strutture di peccato›› che ancora lo legano. ‹‹Quantunque sia necessario rispondere anche alle esigenze immediate di ogni essere umano, la carità cristiana non può limitarsi ad essere elemosina. C’è una carità più grande, che è proprio tentare di risolvere i problemi, per quanto sia nelle proprie forze, fin dalla radice. Un progetto, dunque, di lungo respiro. E nel far questo i cristiani hanno qualcosa da dire. Ma questo qualcosa non può essere imposto: bisogna esercitare la virtù della pazienza, che è il far maturare all’interno della coscienza altrui quei valori che il cristiano ha visto sbocciare dentro sé. Bisogna convincere col dialogo, senza imporre nulla, ma senza neppure dimenticare la netta distinzione tra bene e male. Tra ciò che è giusto e ciò che non lo è››. Gli uomini possono ancora dialogare, e possono ancora giungere a posizioni condivise, ‹‹ed ecco perché il papa pone così attenzione al tema della retta ragione. Senza il lume della ragione naturale, si rischia di cadere nelle tenebre del relativismo››.
Nel dibattito che ne è seguito, il pubblico ha sperimentato la partecipatività di cui parla don Piero Sapienza, e in molti hanno sentito l’esigenza di apportare il proprio contributo alla discussione. Si sono ricordati così gli anni della scuola di dottrina sociale della diocesi, inaugurata nel 1989 proprio nel giorno in cui cadeva il muro di Berlino. Anni di vera passione civile, per coltivare la quale i giovani di allora non lesinavano impegno nello studio. Un’esperienza che in molti, in questa occasione, hanno auspicato possa essere rilanciata.
Da www.cataniapolitica.it.
Caruso, aprendo i lavori, ha messo in evidenza il favore col quale è stato accolto il libro di don Piero, e ha parlato di una ‹‹sveglia›› che viene ad essere suonata non solo nella coscienza, e in casa, dei cattolici, ma pure in quella di ogni uomo di ‹‹buona volontà››, che ha a cuore le sorti della nostra società e lo sviluppo solidale ed equo del nostro futuro.
Società, la nostra, che pare tendere sempre più alla disgregazione: problema fondamentale questo, che Antonio G. Pesce, analizzando il libro – coadiuvato dalla sapiente scelta di brani letti da Francesca Caruso – ha indicato come il problema a cui vuole rispondere tutta l’opera. Infatti, la ‹‹fuga dall’impegno socio-politico da parte di tanta gente›› e ‹‹le moltiplici forme di chiusure individualistiche›› sono tipiche di quella sindrome che don Piero definisce ‹‹dello spettatore››. E prova ne sarebbe – ha notato Pesce – il linguaggio usato negli ultimi dibattiti sul fine vita e sulla natura della famiglia, tutto teso a rivendicare istituzionalizzazione alle pur tollerabili istanze affettive e personali: ‹‹Lo Stato così – ha notato lo studioso – finisce per essere notaio di patti soggettivi, nei quali la libertà non è intesa come possibilità di relazione tra persone, ma come commercio fra parti. Questo è il vero dramma dell’epoca postmoderna: il venir meno dello spazio pubblico, attorno al quale per millenni si è organizzata la società occidentale. La Chiesa Romana, che si fa custode anche di un deposito laico – il diritto romano – oltre al sacro deposito della fede, appare oggi l’unica istituzione pronta a combattere contro la nullificazione delle relazioni. Il libro di don Piero, dunque, si inserisce non solo nel grande dibattito cattolico sulla dottrina sociale, ma pure in quello, ben più radicale, sul ruolo della ragione nel definire l’essenza dell’uomo››.
Ha preso poi la parola Sciré, che ha parlato dell’impegno profuso dalle Acli nel rispondere alle istanze che vengono dalla società in modo cristianamente corretto e incisivo. ‹‹Anche l’associazionismo e il volontariato – ha detto il presidente aclista – sono un modo di rendere più partecipativa la società civile. Il rischio, però, di smarrire la stella polare è anche qui sempre incombente, ed ecco perché un libro come quello di don Piero può essere utile, con le riflessioni che propone, per mantenere sempre vigile la tensione morale››. Scirè ha poi consegnato al vicesindaco Caruso e al presidente del consiglio comunale di Motta Anastasio Carrà, presente all’evento insieme al consigliere Luca Cantone, una copia per ogni membro del consiglio e della giunta, sperando di avviare un dibattito all’interno della politica mottese.
Ma l’intervento più atteso, e che non ha deluso le aspettative, è stato proprio quello di don Piero, che ha cominciato ricordando come in Luigi Sturzo, per esempio, sia maturata la scelta politica: una scelta di profonda carità, che mira a liberare l’uomo dalle ‹‹strutture di peccato›› che ancora lo legano. ‹‹Quantunque sia necessario rispondere anche alle esigenze immediate di ogni essere umano, la carità cristiana non può limitarsi ad essere elemosina. C’è una carità più grande, che è proprio tentare di risolvere i problemi, per quanto sia nelle proprie forze, fin dalla radice. Un progetto, dunque, di lungo respiro. E nel far questo i cristiani hanno qualcosa da dire. Ma questo qualcosa non può essere imposto: bisogna esercitare la virtù della pazienza, che è il far maturare all’interno della coscienza altrui quei valori che il cristiano ha visto sbocciare dentro sé. Bisogna convincere col dialogo, senza imporre nulla, ma senza neppure dimenticare la netta distinzione tra bene e male. Tra ciò che è giusto e ciò che non lo è››. Gli uomini possono ancora dialogare, e possono ancora giungere a posizioni condivise, ‹‹ed ecco perché il papa pone così attenzione al tema della retta ragione. Senza il lume della ragione naturale, si rischia di cadere nelle tenebre del relativismo››.
Nel dibattito che ne è seguito, il pubblico ha sperimentato la partecipatività di cui parla don Piero Sapienza, e in molti hanno sentito l’esigenza di apportare il proprio contributo alla discussione. Si sono ricordati così gli anni della scuola di dottrina sociale della diocesi, inaugurata nel 1989 proprio nel giorno in cui cadeva il muro di Berlino. Anni di vera passione civile, per coltivare la quale i giovani di allora non lesinavano impegno nello studio. Un’esperienza che in molti, in questa occasione, hanno auspicato possa essere rilanciata.
Da www.cataniapolitica.it.
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