di Antonio G. Pesce- L’Europa chiede di equiparare nel nostro paese l’età pensionistica di uomini e donne. E siccome ci chiede una cosa che conviene a tutti i partiti politici, probabilmente si farà in fretta. Se poi ci mettiamo pure il fatto che ‹‹è l’Europa che ce lo chiede››, con tutto quello che la cosa comporti in termini di deresponsabilizzazione della classe politica nostrana, nutrire dubbi sulla celerità della riforma pensionistica è da illusi. Non sono passati sulla cottura della pizza e altre amenità, ma c’è da credere che, questa volta, i burocratici di Bruxelles sfonderanno su tutti i fronti. Risparmieremo nel breve termine, non versando TFR e non pagando pensioni, ma alla lunga dovremo mantenere più gente sul posto di lavoro, e gente che avrà maturato un TFR più corposo. Però, l’Europa è chiara: non è questione di soldi, ma di principi.
Appunto: i principi. Si trattasse di soldi, le donne avrebbero ben poco da temere. Non foss’altro perché un male comune è un mezzo gaudio, dice il proverbio. Ma sui principi no! Sui principi le donne stiano molto attente, perché è con i principi che le abbiamo sempre fregate. Le volevamo più libere di scegliere. Un trentennio fa. Alla fine, hanno dovuto scegliere tra la vita e la morte. Abbiamo addossato loro questo peso. Il peso che da Sparta a Roma sentivano i padri. Solo che i padri, dalla preistoria all’epoca postmoderna che viviamo, non hanno mai generato vita, piuttosto morte. La terra l’hanno irrorata di sangue. Quando la fecondano, non possono seguire il lento emergere della vita dall’interno della vita stessa.
Le abbiamo volute più consapevoli del loro corpo. Esse, che del corpo sentono solo il cuore. Troppo cuore, magari. Sì, troppo. Istintive fino all’animalità. Che riconosce nei cuccioli altrui l’odore della vita che brama. Animalità, non barbarie. I barbari vogliono perpetrare la razza. Portatori di morte, non avendo saputo generare nulla che resista al tempo, noi maschi, noi barbari spargiamo la nostra più intima bile sperando che attecchisca.
Non è allora davvero strano, che ormai anche le donne chiedano alla ferocia medica di usare loro violenza, purché il pargolo sia del proprio ceppo? Siamo entrati fin dentro il loro ventre. Abbiamo conquistato la terra. La terra si è aperta completamente al dominio del potere.
Ora, l’ultimo assalto. Vogliamo conquistare la storia. Non si creda che tutto capiti a caso. Né, però, che ci sia un progetto. Semplicemente, è come sbagliare strada. Si sbaglia percorso. Si arriva al posto sbagliato. L’equiparazione, a tutti i costi, è il segno tangibile del disgregarsi della società. La cui forma primigenia è la famiglia. Né nel senso burocratico, né nel senso religioso. Solo nel mero senso sessuale. La realtà, alla fine della fiera, è questo uomo e questa donna. Questa identità che non si può eludere. Che comporta differenze antropologiche nette, ma fatte per compenetrarsi. È la storia che riproduciamo quando ci amiamo. È follia, nient’altro che follia fingere che la donna non si senta, per sua stessa scelta, per rispetto del proprio essere, innanzi tutto femmina e madre.
E che questo abbia comportato – almeno da quando possiamo documentarlo – un peso ben maggiore di quello della raccolta punti per l’insalatiera pensionistica. Non prendere in considerazione neppure uno sgravio per la gravidanza è la prova della tirannide che si sta imponendo alla realtà.
Pubblicato su www.cataniapolitica.it del 9 giugno 2010.
Nessun commento:
Posta un commento