La luna canta la sua nenia
innanzi al fosco destino che si para,
e si vela in un sommesso pianto.
Ricompare piano la triste stella
all’orizzonte del mattino,
mentre ogni illusione è spazzata
dalla cinica forza dell’evidenza.
Ma era bello lasciarsi cullare
dalla penombra irreale del sogno.
In alto portasti l’ebbrezza della speranza,
ed ora che cali, luna, t’avvolge
l’angosciante vertigine della solitudine.
Eppure l’eclissi non è morte.
È il cuore che finalmente riposa
sul profondo seno del cielo mancato.
In alto ancora vibrerà la sfida.
Domani. Guarderanno immobili
le stelle dell’ultimo cielo la tua luce,
che non detta il fato agli uomini,
ma ne segue il pendolante cammino
tra l’amore e la follia.